Alfabetizzazione digitale in azienda: perché è un prerequisito per innovare
7 Aprile 2021 in People Experience
Un buon grado di alfabetizzazione digitale (in inglese ‘digital literacy’) in azienda, e potremmo dire allargando lo sguardo anche a livello di sistema-Paese, è un prerequisito necessario per mantenere alta la competitività e raggiungere più ambiziosi obiettivi grazie all’utilizzo delle tecnologie innovative. Oggi, infatti, siamo coscienti del fatto che le competenze IT non siano sufficienti per sopravvivere nell’era digitale. Ciò che serve è dunque l’alfabetizzazione digitale, ovvero quell’insieme di capacità richieste per la piena partecipazione a una società della conoscenza aperta e in continuo sviluppo.
Alfabetizzazione digitale: che cosa significa
Secondo uno dei principali studiosi dell’argomento, il professor Yoram Eshet-Alkalai della Open University di Israele “L’alfabetizzazione digitale implica qualcosa di più della mera capacità di utilizzare software o azionare un dispositivo digitale; include un’ampia varietà di abilità cognitive, motorie, sociologiche ed emotive complesse, di cui gli utenti hanno bisogno per funzionare efficacemente negli ambienti digitali. Tra queste, ad esempio, capacità di lettura da display grafici nelle interfacce utente; utilizzo della riproduzione digitale per creare nuovi materiali significativi da quelli esistenti; costruzione di conoscenza da una navigazione non lineare e ipertestuale; valutazione della qualità e validità delle informazioni e avere una comprensione matura e realistica delle ‘regole’ che prevalgono nel cyberspazio”.
Nel suo più noto documento sull’alfabetizzazione digitale dove ne dà la definizione appena enunciata, il professor Eshet individua cinque tipologie di abilità nell’ambito della digital literacy:
- Photo-visual literacy: secondo Eshet, lavorando con interfacce utente grafiche, gli utenti impiegano una forma unica di alfabetizzazione digitale, l’alfabetizzazione foto-visiva, che li aiuta a “leggere” intuitivamente e liberamente e a comprendere le istruzioni e i messaggi rappresentati visivamente.
- Information literacy: ovvero la capacità di essere in grado di identificare, localizzare, valutare e utilizzare efficacemente le informazioni per il problema in questione.
- Socio-emotional literacy: l’alfabetizzazione socio-emotiva coinvolge principalmente aspetti sociologici ed emotivi dell’attività nel cyberspazio. Gli utenti con questo tipo di abilità sanno come evitare le “trappole” oltre a trarre benefici dai vantaggi della comunicazione digitale.
- Reproduction literacy: l’alfabetizzazione sulla riproduzione digitale è la capacità di creare un’opera o un’interpretazione significativa, autentica e creativa, integrando informazioni indipendenti esistenti (Gilster, 1997; Labbo, Reinking, & McKenna, 1998).
- Branching literacy: Il moderno ambiente ipermediale offre agli utenti un alto grado di libertà nella navigazione attraverso diversi domini di conoscenza, ma presenta anche problemi derivanti dalla necessità di costruire conoscenza da grandi quantità di informazioni indipendenti, raggiunte in modo non lineare e ordinato. Questa capacità consente dunque di muoversi e trarre le informazioni necessarie da ambienti ramificati.
Livello di alfabetizzazione digitale in Italia
La digital transformation può comportare vantaggi duraturi per le economie perché le tecnologie digitali spingono l’innovazione, alimentano opportunità di lavoro ben retribuite e stimolano la crescita economica.
Basti pensare che secondo un recente studio condotto dalla Idc intitolato Idc FutureScape: Worldwide digital transformation 2021 predictions entro il 2022 il 65% del Pil mondiale sarà “digitalizzato”, guidato da investimenti sul digitale dal valore stimato di 6,8 trilioni di dollari tra il 2020 e il 2023. Ma in Italia siamo pronti ad accogliere le importanti opportunità offerte dalla rivoluzione digitale? Per l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) abbiamo ancora molta strada da fare, non solo infatti l’Italia soffre la mancanza di competenze digitali, ma registra un’alfabetizzazione digitale di base diffusa davvero scarsa.
Stando a quanto rilevato dallo studio Ocse Skills Outlook Scoreboard, un documento che fotografa in che misura un Paese è in grado di avvalersi al meglio della digitalizzazione, tra i 29 Paesi presi in esame l’Italia si è posizionata in fondo alla classifica. La ricerca mostra come la popolazione italiana non possieda le competenze di base necessarie per prosperare in un mondo digitale, sia in società che sul posto di lavoro.
Un’ampia gamma di competenze permetterebbe di sfruttare i vantaggi derivanti dall’uso di Internet e delle nuove tecnologie. In Italia, tuttavia, solo il 21% degli individui in età compresa tra i 16 e i 65 anni possiede un buon livello di alfabetizzazione digitale e capacità di calcolo. Si tratta del terzo peggior risultato tra i paesi esaminati, davanti soltanto a Cile e Turchia. Solo il 36% degli individui in Italia, il livello più basso tra i paesi Ocse per cui informazione è disponibile, è in grado di utilizzare Internet in maniera complessa e diversificata e i lavoratori italiani utilizzano le Tic (Tecnologie dell’informazione e della comunicazione sul lavoro) meno intensamente che in molti altri paesi Ocse.
Questo succede anche perché in Italia la partecipazione dei lavoratori in percorsi di formazione continua è bassa rispetto agli standard internazionali: solo il 30% degli adulti ha ricevuto formazione negli ultimi 12 mesi, contro una media Ocse del 42%. Inoltre, i lavoratori più esposti al rischio di automazione e i lavoratori poco qualificati partecipano meno ad attività di formazione se confrontati con i lavoratori altamente qualificati o con un basso rischio di automazione.
L’importanza della formazione per l’alfabetizzazione digitale
L’alfabetizzazione digitale, dunque, insieme all’acquisizione di specifiche competenze tecnologiche, è un fattore fondamentale per lo sviluppo socioeconomico di ogni Paese, così come per il successo di ogni singola impresa. Senza un’adeguata alfabetizzazione digitale, non è possibile partecipare all’economia e alla società digitale.
Mentre i governi devono pertanto impegnarsi nell’attuare nuove strategie per promuovere l’inclusione digitale al fine di non lasciare indietro fasce più deboli della popolazione come donne, anziani e disabili offrendo loro la possibilità di usufruire con consapevolezza dei nuovi strumenti di comunicazione, le imprese al loro interno devono spingere verso l’alfabetizzazione digitale l’intera forza lavoro e non limitare l’attività di formazione ai soli professionisti ICT.
Rafforzare la formazione continua anche mediante nuove metodologie consentirebbe la moltiplicazione dei vantaggi per lavoratori e imprese. I primi si adeguerebbero facilmente e in tempi più rapidi ai cambiamenti in atto nel mondo del lavoro e della società. Inoltre, aumenterebbe il loro potenziale di employability. Alle seconde sarebbe sempre assicurato un livello di capacità adeguato per ottenere il migliore ritorno dagli investimenti in tecnologia e cavalcare così l’onda della trasformazione digitale.